ChatGPT-3 è il chatbot più ‘chiacchierato’ del momento, un’intelligenza artificiale che è una variante del modello di linguaggio GPT (Generative Pre-training Transformer).
In questa sua ultima versione ChatGPT-3 è in grado di comprendere il contesto di una conversazione e di rispondere in maniera pertinente e coerente alle domande (o meglio, ai prompt) degli utenti. Come fa a fare questo?
ChatGPT-3 è un chatbot in costante autoapprendimento che attinge informazioni di testo raccolte da immensi archivi digitali come Wikipedia, Common Crawl, Google Books e molto altro ancora. Ad oggi quello offerto da ChatGPT-3 è un modello di intelligenza artificiale basato sul machine learning che non teme confronti. Sembra non esistere niente di simile dal punto di vista della mole di dati a cui il sistema può fare riferimento per l’elaborazione delle sue risposte.
Se il prompt – cioè la richiesta informazioni – è articolato e preciso può ottenere delle risposte sorprendenti in termine di profondità e dettaglio.
Più il prompt è specifico, narrativo e capace di stimolare migliori connessioni neurali, più la risposta sarà articolata. È consigliabile evitare domande complesse, senza contesto o molto astratte, preferendo keyword specifiche e ragionate. In base a questa scelta il chatbot potrebbe essere più o meno capace di dare una risposta adeguata.
Alcune grandi società leader del mercato attualmente stanno testando i chatbot conversazionali e l’intelligenza artificiale per migliorare la user experience a più livelli. Possono stimolare l’acquisto da parte degli utenti proponendo loro un prodotto in linea con precedenti acquisti effettuati, o risultati correlati alle ricerche fatte in rete.
Avvalendosi dei chatbot le aziende possono fornire, in maniera più o meno automatizzata, una vera e propria consulenza personalizzata e servizi su misura per i propri utenti e potenziali clienti.
Un chatbot conversazionale di questo tipo potrebbe inoltre seriamente rivoluzionare il modo in cui si generano i contenuti sul web. È infatti evidente che un chatbot come questo può creare un numero pressoché infinito di contenuti, magari SEO oriented e ottimizzati per i motori di ricerca.
Non stupisce che esperti SEO, copywriter, youtuber e addetti alla comunicazione abbiano già cominciato a metterlo alla prova nei modi più disparati. Gli hanno affidato la creazione di saggi, canzoni, poesie, racconti, articoli e approfondimenti, ma anche traduzioni e scrittura di pezzi di codice.
Sono di fatto dei tentativi di automatizzare e velocizzare il processo di scrittura, che sembrano però incontrare dei limiti non trascurabili. Allo stato attuale delle cose è difficile pensare che ChatGPT-3 possa sostituire del tutto i copywriter e i professionisti che scrivono un articolo in ottica SEO. Prima di tutto per la difficoltà del chatbot di elaborare un prompt specifico, ma anche perché la macchina non è (ancora) in grado di muoversi in maniera ottimale tra gli anfratti di lingua, grammatica e sintassi.
Lo stesso discorso vale per la scrittura di codici, per la quale non riesce a mettersi completamente al posto di un bravo programmatore e/o un web developer che hanno una conoscenza profonda dei linguaggi informatici. Questo sapere consente loro di valutare la validità del codice in tutte le sue parti o la necessità di una revisione per ottenere un risultato performante al 100%.