Il futuro del digital marketing: guida al “Messy Middle”
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Nella mente del consumatore: 6 bias che influenzano l’acquisto

Abbiamo affrontato il caos del Messy Middle, addentrandoci nei meandri dell’ultimo modello che sta cercando di decifrare i processi decisionale dietro il momento più ambito dal digital marketing: l’acquisto. Come l’utente moderno prende le proprie decisioni, quali meccanismi mentali mette in campo e cosa li influenza?

È quello che tutti i brand, e coloro che con i brand lavorano, continuano a chiedersi, al fine di mettere in campo risposte capaci di contrastare i nuovi, nebulosi, percorsi d’acquisto. Queste che seguono sono le domande (e le risposte) dello studio di Google, che ha identificato sei bias i quali, più altri, hanno la capacità di condizionare il processo d’acquisto del consumatore.

 

 

Bias cognitivi: cosa sono?

Quelli che scienze cognitive e psicologia sociale chiamano “bias”, esistono da ben prima di internet e vi facciamo appello, inconsciamente, nelle situazioni della vita di vita di tutti i giorni. Ma cosa sono, concretamente?
Altro non sono, semplificando, che pattern prestabiliti che utilizziamo tutti i giorni per elaborare facilmente processi mentali altrimenti complessi.
Il sovraccarico informativo tipico dei nuovi media, spinge l’utente medio a fare sempre più ricorso a queste “scorciatoie cognitive”, che ci aiutano a prendere decisioni funzionali in poco tempo. Bisogna precisare che l’uso di eurostiche

Il “messy middle” è uno spazio con abbondanza di informazioni e di scelta illimitata che gli acquirenti hanno imparato a gestire utilizzando una serie di scorciatoie cognitive.

 

Come i bias influenzano il processo decisionale

Come abbiamo già visto insieme, il modello del Messy Middle ha portato a una nuova codifica del modello decisionale. I consumatori oscillano costantemente all’interno di due punti fissi del modello: esplorazione e valutazione.
Gli utenti esplorano le opzioni e ampliano le proprie conoscenze e considerazioni, poi – in sequenza o simultaneamente – valutano le opzioni e restringono le scelte a disposizione. Per alcune categorie di persone, il passaggio da una modalità all’altra può essere breve, mentre chi compie acquisti abitudinari o d’impulso può evitare del tutto il ciclo.
Ma altri tipi acquisti, tipicamente più complessi, richiedono o addirittura obbligano ad una lunga fase di esplorazione, permettendoci di generare un buon numero di opzioni da valutare.
Il modello è disegnato, non a caso, come un loop che si ripete all’infinito. Cosa contribuisce quindi a spezzare questo equilibrio, a far pendere la bilancia da lato, e portare l’utente che si trova all’interno della fase di valutazione a confluire, finalmente, nell’acquisto?

 

I 6 bias che secondo Google condizionano l’acquisto

Al centro di questo disordine, i ricercatori di Google hanno individuato una serie di elementi che, testati attraverso esperimenti sociali, influenzano le decisioni condizionando l’acquisto.
Nella letteratura psicologica esistono centinaia di bias, eppure all’interno della ricerca gli autori hanno dato priorità a sei specifici:

 

 

 

bias cognitivi by google

 

 

Euristica di categoria: scorciatoie o regole pratiche che ci aiutano a prendere una decisione rapida e soddisfacente, racchiudendo il prodotto all’interno di una determinata categoria.

Potere dell’immediatezza: il fatto che tendiamo a volere le cose subito piuttosto che in un secondo momento. La propensione a valutare più positivamente un investimento quando possiamo stringere in mano, a breve, l’oggetto del nostro desiderio.

Prova sociale: la tendenza a copiare il comportamento e le azioni di altre persone in situazioni di ambiguità o incertezza. Come scegliere un ristorante sconosciuto in base alla presenza, o meno, di clienti.

Bias di scarsità: si basa sul principio economico che un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità è limitata. Quante volte, navigando all’interno di siti web di viaggi o hotel, magari, è possibile trovare questo tipo di bias?

Bias di autorità: la tendenza a modificare le nostre opinioni o comportamenti per allinearli a quelli di qualcuno che consideriamo un’autorità su un argomento. Ad esempio, il classico dentifricio commerciale consigliato da dentisti.

Potere della gratuità: un regalo incluso con un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo. Un bias sottovalutato se si considera che nell’era della sovraesposizione dei dati, lasciare una email viene considerato un gesto “a costo zero”.

 

Conclusioni

I sei bias identificati offrono un framework attraverso il quale per affinare le strategie di marketing, con l’obiettivo di rendere i brand non solo visti, ma scelti. Attraverso una comprensione vera del percorso decisionale dei consumatori, possiamo non solo leggere ma guidare le scelte del consumatore, trasformando ogni interazione in un’opportunità di connessione.

Altre strategie efficaci che possiamo mettere in campo possono riguardare la creazione di contenuti pertinenti e personalizzati, un trend sempre più sentito, l’ottimizzazione del touchpoint digitale e l’uso di dati e analisi per prevedere i comportamenti degli utenti, migliorando così l’efficacia delle campagne pubblicitarie e aumentando le conversioni.

Ovviamente nel digital marketing, come in tutti gli ambiti, non esistono ricette sicure e soluzioni semplici. Possiamo però immaginare un futuro in cui non vince chi scegli di parlare più forte, ma chi ascolta attentamente, interpretando i segnali nascosti del Messy Middle.